LAURA TANGORRA
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GRAZIA

n.51 del 26 Dicembre 2003

di Stefania Rossotti

DEV'ESSERCI QUALCOSA DI
PIU' FORTE DELLA PAURA,
SCRIVE LAURA, COLPITA DA UNA
MALATTIA CHE LE STA TOGLIENDO
TUTTO: GESTI, PAROLE, FUTURO.
A UN PASSO DAL NUOVO ANNO,
ABBIAMO SCELTO DI RACCONTARVI
LA SUA STORIA, LA SUA GRANDE
PASSIONE PER LA VITA.

Non si può smettere di pensare a Laura. Dopo aver incontrato la sua storia, non puoi fare a meno di sentirla con te, continuamente. Appena ti svegli, mentre cammini, parli,fai e disfi. E poi la sera prima di dormire. Buongiorno Laura, buonanotte Laura. Lei è l'intuizione che hai sempre avuto e temuto. E' un'idea della vita che vorresti saper reggere: la vita forte e spaventata, quella che ti svuota e ti riempie e non smette mai di farsi sentire. Laura Tangorra ha 40 anni, un marito e tre figli. Da quattro è malata di sclerosi laterale amiotrofica, cioè una progressiva paralisi dovuta alla morte delle cellule nervose. Un muscolo dopo l'altro: lentamente, senza smettere mai. La sua storia l’ha raccontata in un libro appena edito da Mondadori: Solo una parentesi. E' un libro semplice, che vuol dire essenziale e prezioso. E' caldo e scarno, come devono essere le parole digitate un tasto alla volta, con la grande fatica di chi muove un dito appena per indirizzare il mouse. Per scegliere le lettere come si sceglie un destino: senza risparmiarsi, senza dissipare.
«La carta è brava ad ascoltare chi non può parlare», scrive Laura. E noi vorremmo essere carta per capirla davvero. Non per lei, per noi. Per capire che cosa ha scoperto dopo che ha deciso di scrivere pensando: «Ci deve essere qualcosa di più forte della paura». Laura l'ha trovato. Per questo abbiamo deciso di raccontarvi la sua storia, oggi, a un passo dal nuovo anno: dalle sfide, dagli impegni e dalle speranze che ci aspettano.
DENTRO UN CORPO CHE SI STA FERMANDO, che non segue più la tua mente viva, i suoi mille movimenti, la forza dei suoi pensieri. Un corpo che finge di non essere tuo: indifferente ai tuoi comandi, sordo ai tuoi dolori. Come vive Laura oggi ce lo racconta suo marito: Francesco, 41 anni, un uomo grande e sorridente. Arriva in moto, di ritorno dal suo impiego part-time (ha scelto di lavorare meno per assistere sua moglie). Qui a Milano sta piovendo, oggi, e lui ride del casco bagnato e del giaccone da strizzare. Dice che «tanto adesso sta spiovendo». Di suo marito Laura scrive: «Le sue mani sono le mie, la sua voce parla per me e la forza che non ho la trovo in lui». Le mani di Francesco si muovono continuamente: spiegano, ricordano, giocano con una matita, corrono a coprire gli occhi quando i pensieri sono troppo faticosi. « Un formicolio alla mano di Laura, quattro anni fa.. Tutto è cominciato così: un sintomo che noi non abbiamo trascurato, ma che i medici non hanno capito. Dicevano che era stress, niente di più. Poi, dopo molti mesi, la diagnosi. Proprio nello stesso giorno in cui abbiamo scoperto di aspettare Alice, la nostra terza bambina. Il neurologo ci ha consigliato di interrompere immediatamente la gravidanza: Laura non ci ha pensato nemmeno un istante». Perché? «Perché? Non la conoscete. Lei è così: ha deciso d'istinto, e basta. Io, invece, ho avuto bisogno di sapere: quando ho capito che la rinuncia al bambino non avrebbe salvato Laura, ma solo rallentato la sua malattia, sono stato d'accordo con lei». Oggi Alice si arrampica in grembo alla sua mamma. «Giocano con gli occhi», dice Francesco. «Si intendono a smorfie. Hanno un rapporto strano e intenso. Per Alice è normale: non ha conosciuto un altro modo di avere una mamma, per Laura credo che sia un tormento. E, anche, una gioia: conquistata da poco. Nel primo anno di vita, lei ha potuto fare pochissimo per la bambina, non poteva stringerla, accudirla, nutrirla. Oggi è Alice ad andarla a cercare: si appallottola sul divano accanto a lei oppure si arrampica sulla: sedia a rotelle mentre Laura è impegnata al computer. Si piazza fra lei e il video e di scrivere non se ne parla più» .
LAURA CONTINUA A SCRIVERE.
Da qualche tempo non riesce a lavorare con la tastiera virtuale e allora utilizza un sistema ancora più sofisticato e complesso che l'aiuta a individuare lettera per lettera quello che vuole digitare. «Sta scrivendo sul suo rapporto con i figli. E' il nodo su cui sta riflettendo: credo che sia la sua grande ansia e la sua felicità. Comincia a sorridere ogni volta che i ragazzi entrano in casa». I figli grandi sono Alessandra (14 anni) e Marco (12). Laura li segue moltissimo, li ascolta, li aiuta a studiare. Vuole esserci. E c'è. «Entravo nella stanza buia dei bambini e mi sedevo sul letto di Alessandra, scostavo la nuvola dei suoi riccioli e cercavo la faccia affondata nel cuscino. Bastavano poche carezze per farle aprire gli occhi, assonnati e già sorridenti... Poi svegliavo Marco. Mi accoglieva ogni giorno con la stessa frase: tanto oggi non ci vado a scuola...». Laura ricorda così il suo modo di essere madre: prima. Ed è proprio il suo sguardo sul passato a essere straziante. Non è la descrizione (asciutta e precisa) della sua vita di oggi. E' quello che è stato. Una vita che cominciava ogni mattina esattamente come tante vite: sorseggiando il caffè in cucina pensando alla giornata che verrà, cercando di capire se si riuscirà a far tutto. Magia di un libro semplice: non è la vita di Laura a sembrarci fragile e struggente. E' la nostra: così piena di gesti, così povera di consapevolezza. «Non è mai scontato poter accarezzare i propri figli», scrive Laura. «Parlare ed essere capiti, alzarsi dalla sedia e camminare, afferrare un bicchiere d'acqua fresca e rovesciarsela in gola, senza aver paura di soffocare».
RACCONTA FRANCESCO: «LAURA HA UN MODO DI DIRE CHE MI SEMBRA BELLISSIMO. Dice che non bisogna godersi la vita, bisogna gustarsela. La differenza è sottile, eppure è enorme». Certo che lo è: godersi la vita ha a che fare con il prendere, l'aggiungere, l'arraffare. Gustarsela vuol dire vedere quel che c'è. E stringerlo, se puoi, per sentirne il valore e la consistenza. Laura è stata costretta a continuare a sottrarre: un movimento dopo l'altro. Un desiderio dopo l'altro. Ha sfogliato la sua vita e ne ha raggiunto il nucleo. «Il dolore ti fa arrivare al nocciolo delle cose, butti via tutto quello che non serve», dice Francesco. «E tieni quello che vale: i tuoi affetti, le cose in cui credi». Via l'inessenziale, hai meno strati da attraversare per arrivare al cuore delle cose e delle persone. Scrive Laura: «Quando il tuo corpo diventa una galera, i pensieri :vogliono correre più veloci e riescono ad arrivare dove non erano mai stati».
«Stiamo vivendo la nostra vita e la nostra vita è questa», dice Francesco poco prima di andare via. «Sono le nostre giornate: io che vado a lavorare al mattino, i figli che vanno a scuola, Laura che resta a casa con Alice e con la nonna che l'aiuta. E' il nostro modo di vivere. E di volerci bene». Non abbiamo conosciuto Laura, la sua malattia ce lo ha impedito. Ma vogliamo immaginarla come lei si è immaginata all'inizio e alla fine del suo libro: in piedi, dritta, mentre stringe forte una tazza di caffè. Perche la sua giornata comincia, comunque, ogni giorno.

Stefania Rossotti